L’intelligenza artificiale sta influenzando le relazioni umane in molti modi. Da un lato, gli assistenti virtuali e i chatbot stanno diventando sempre più sofisticati, permettendo interazioni più naturali e personalizzate. Questo può portare a nuove forme di compagnia digitale e supporto emotivo, specialmente per coloro che si sentono isolati o hanno bisogno di assistenza costante.
D’altra parte, ci sono preoccupazioni relative alla dipendenza dalle tecnologie AI e agli effetti che questa può avere sulle relazioni interpersonali. Ad esempio, l’uso eccessivo di assistenti virtuali potrebbe limitare le interazioni umane dirette, influenzando lo sviluppo delle abilità sociali, in particolare nei giovani.
Ecco perchè mi fa molto piacere ospitare questo articolo del Dott. Tarroni Psicologo di Ravenna.
Quante cose ha portato con sé internet?
Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato l’economia, il nostro modo di lavorare, di studiare, di pensare, di sentirci come individui in mezzo agli altri, ha modificato la nostra percezione del tempo e dello spazio e il nostro modo di interagire col mondo esterno.
E in qualche senso hanno anche cambiato il nostro modo di ammalarci perché nel corso di questi anni si sono sviluppate delle vere e proprie patologie legate a un uso eccessivo di Internet e dei suoi servizi.
Sono infatti migliaia le persone che vengono oggi diagnosticate come “dipendenti da Internet”
Il mondo virtuale se all’inizio dell’era digitale era considerato irreale distaccato o alternativo alla realtà, è andato via via a sovrapporsi e a fondersi alla realtà stessa dove il tasso di percezione e sensazione del virtuale è diventato elevatissimo, ma a differenza del mondo concreto non richiede lo stesso impegno:
stando comodamente seduto a casa con un clic come fosse il tocco di una bacchetta magica posso essere istantaneamente ovunque senza perdite di tempo, posso comprare qualsiasi cosa, posso incontrare persone con la sicurezza di essere protetto dallo schermo, posso soddisfare le esigenze affettive senza dovermi impegnare in un lungo corteggiamento e senza il rischio del rifiuto e in generale, senza dovermi confrontare con la realtà e quindi coi miei limiti.
Ecco perchè la realtà virtuale è cosi seducente fino al punto da non poterne più fare a meno e nei casi più gravi i pazienti sviluppano una vera e propria compulsione basata sul piacere in cui non è più il soggetto che utilizza la rete ma è la compulsione che diventa il padrone e il soggetto il suo schiavo.
Molto spesso il paziente è inconsapevole della trappola in cui si è infilato, e quasi sempre sono i familiari ad avvertire che “qualcosa non va”, che “lui o lei non è più lo stesso” anche perchè purtroppo sono loro i più penalizzati e coloro che ne subiscono le conseguenze.
Le dinamiche più frequenti sono basate su costanti conflitti, tentativi falliti di far cessare o almeno ridurre il comportamento “eccessivo o malato”, punizioni (soprattutto nei casi di genitori e figli), sabotaggi, ecc, ma tutti questi tentativi risultano quasi sempre vani.
E’ importante sottolineare quindi che la famiglia è sempre coinvolta e protagonista, insieme al soggetto, in tutte le patologie indotte dall’utilizzo della rete.
Questo vuol dire che la terapia non può prescindere dall’intervenire sul sistema di comunicazione familiare, e pertanto i familiari verranno guidati a da un lato a bloccare i loro tentativi di aiuto che oltre a non funzionare contribuiscono a peggiorare la situazione, e dall’altro e intervenire in maniera strategica con prescrizioni specifiche.
Senza un lavoro sistemico basato sulla comunicazione e relazione all’interno della dinamica familiare, risulta praticamente impossibile lavorare su questo tipo di patologia, proprio per l’aspetto di inconsapevolezza del paziente che si oppone in maniera violenta e ostinata all’idea del cambiamento.
Aiutare le persone coinvolte ad essere parte attiva della terapia, guidandole a gestire “strategicamente il paziente”, diventa necessario alla riuscita della terapia.
Un altro aspetto da tenere ben presente quando si analizzano le patologie legate all’uso di Internet, è che questa dipendenza in tutte le sue forme non è alimentata dal bisogno di attenuare le sensazioni negative da astinenza, ma dalla ricerca di sensazioni piacevoli, che rendono la presenza su internet in costante aumento.
E’ vero quindi che si può parlare di un comportamento compulsivo, ma con l’importante differenza che questo tipo di compulsione si basa sul piacere anziché sulla paura come il caso del classico disturbo ossessico-compulsivo in cui la compulsione ritualizzata ha la funzione di controllare la realtà percepita come minacciosa.
Ed è proprio perché sospinta dal piacere che questa dipendenza compulsiva diventa così difficili da interrompere.
Bisogna quindi intervenire sulla compulsione piacevole, assecondarla, prescrivendo il rituale compulsivo ma con una diversa sequenza e struttura logica cosi da trasformare il piacere originario in tortura.
Tale prescrizione unita all’intervento della rete familiare permette di aggirare la resistenza, imponendo al soggetto di eseguire quanto già mette in atto, ma smontando a sua insaputa la struttura piacevole su cui si è radicato.